PROLOGO

Il tempo è così fondamentale nella nostra vita quotidiana che comprenderlo può diventare una vera e propria ossessione. Ammesso, e non concesso, di riuscire in questa impresa è comunque interessante analizzarlo e studiarlo, in virtù della sua magica caratteristica di essere “presente” ma – di fatto – fisicamente “assente”.

La “scoperta” dello spazio-tempo, la struttura quadridimensionale emersa con gli studi sulla Relatività ristretta da parte di Albert Einstein, ha sicuramente permesso di fare un piccolissimo passo in avanti nella decifrazione del codice “tempo”. Non a caso, infatti, l’idea e la possibilità di trattare il tempo come un’altra dimensione spaziale ha spalancato tutta una serie di scenari davvero interessanti. Dalla fantascienza alla scienza, lo spazio-tempo ha giocato un ruolo fondamentale, unico appiglio per dimostrare la coerenza di talune ipotesi e fantastico argomento per la costruzione di romanzi e sceneggiature.

In tutta onestà, nonostante pochi lo ammettano, anche le nostre consute tre dimensioni – come siamo abituati ad intenderle – non sono del tutto comprese. Non parlo, ovviamente, di una comprensione matematica, la quale immagina e costruisce modelli matematici da una a enne dimensioni. Parlo di una comprensione pubblica o, se preferite, più profonda e assimilabile dalla maggioranza.

RELAZIONI SPAZIO TEMPORALI

La nostra realtà, il mondo che ci circonda e che possiamo esplorare è, in prima analisi, un sistema di riferimento tridimensionale. Noi stessi insieme agli oggetti che ci circondano, possiamo essere “spostati” o mossi lungo tre – e sole – diverse direzioni (lunghezza, altezza e largezza – x,y e z).

Muovere un oggetto (nello spazio), dunque, che significa?

In verità un qualsiasi oggetto, quando viene spostato da un “luogo” ad un altro, assume semplicemente una diversa collocazione spaziale in relazione ad una precedente posizione. Occupare una “posizione” o un “luogo” si traduce nello stabilire una terna di valori che rappresentano la distanza da una “posizione” o “luogo” scelto come “centro”, come “riferimento”. Sappiamo, infatti, che non ha senso parlare di posizione assoluta. Un oggetto è “lì” in relazione sempre a qualche altro “lì” di riferimento.

Quando spostiamo una sedia all’interno di una stanza non rimaniamo assolutamente meravigliati di ciò che accade. Eppure, a ben osservare, il movimento di una semplice sedia all’interno di una stanza (la stanza, in questo caso, è il nostro sistema di riferimento) contiene alcune proprietà davvero interessanti. La stessa nostra cognizione di aver spostato una sedia incorpora di per sè un mistero del tutto inesplicabile. Inoltre risulta quanto mai evidente che il “tempo” – in questo spostamento – gioca un ruolo fondamentale, per due motivi.

Prima di tutto il tempo è così profondamente radicato nella nostra esistenza che diventa impossibile solo immagine qualcosa che non lo contempli. Tutto quello che abbiamo detto sino adesso sottoindente sempre la presenza del tempo. Quando spostiamo un oggetto, ad esempio, oltre allo spostamento spaziale abbiamo inesorabilmente uno spostamento temporale, verso il futuro.

Inoltre possiamo sostenere che un oggetto è stato spostato in quanto portiamo a nostro favore la precedente posizione (le x, y e z di prima). Precedente a cosa? Al tempo, direte voi! Ed è così, effettivamente. Non c’è dubbio che posso dire che c’è stato spostamento proprio perchè ad un istante che indico con ta la sedia occupava le coordinate xa, ya e za. Dopo un certo tempo, qualcuno l’ha spostata e quindi posso sostenere che al tempo tb la sedia occupa ora la nuova (o diversa) posizione xb, yb e zb.

Ma come facciamo a ricordare il tempo ta?

È interessante notare che quello che noi percepiamo come spostamente di un oggetto è, in ultima analisi, la successione di una serie di piccoli spostamenti. Come nell’esempio precedente, quando un oggetto viene portato dalla poszione (xa, ya, za) alla posizione (xb, yb, zb) noi “percepiamo”uno spostamento quando xa è diverso da xb o ya è diverso da Yb, insomma quando una delle coordinate non corrisponde a quella precedente-temporalmente. Ne deriva, più semplicemente, che uno spostamento nasconde sempre un percorso in quanto un qualsiasi oggetto non può cambiare una delle sue coordinate (la sua posizione: xa, ya, za) istantaneamente!

MUOVERSI NEL TEMPO

Siamo giunti, così, ad una importante consapevolezza! Noi e gli oggetti del nostro mondo ci spostiamo da un (qualcosa che chiamiamo) luogo ad un altro seguendo sempre una “successione” di altri luoghi intermedi; intermedi nel senso della “misurazione” finale dello spostamento. Affermiamo, quindi, che la sedia si è spostata. Risultato per noi del tutto evidente. Sappiamo però che la sedia ha dovuto percorrere un tragitto prima di arrivare nel “nuovo” luogo che ora occupa e che ci ha fornito la “percezione” che essa è stata spostata. Tuttavia non ci interessa il percorso esatto che ha dovuto percorrere, sappiamo che questo percorso è necessario e che la sedia NON può spostarsi da un “luogo” ad un altro “istantaneamente”. Anche alla velocità della luce la nostra sedia sarebbe comunque costretta a seguire un percorso. E “seguire un percorso”, alla fine, sottointende sempre il concetto di tempo! È evidente, infatti, che non ci può essere variazione senza tempo!

La nuova posizione di un oggetto, quindi, è il risultato di una successione di altre posizioni. L’assenza di spostamento, tuttavia, non è necessariamente l’assenza di altre posizioni. Nell’intervallo compreso nell’osservare la sedia qualcuno, infatti, potrebbe averla presa e poi riposta nella stessa “posizione” di prima. Così, quando andrò a controllare se la sedia è al suo posto non avrò la “percezione” o – se preferite – nessuna informazione riguardo sue eventuali “scappatelle” spaziali. L’inesorabile scorrere del tempo, invece, non può essere occultato da nessuno.

La “differenza” (i delta) gioca un ruolo fondamentale. Senza differenza nulla è “davvero” percepibile.

Tutto ciò cos’ha a che fare quindi con il tempo? La nostra esistenza non è forse un viaggio nel tempo? Noi ci spostiamo in quello che chiamiamo “futuro” in continuazione, impotenti di fermare o solo rallentare questo inesorabile scorrere. Noi, in pratica, viaggiamo (o ci spostiamo) continuamente nel tempo e nemmeno ce ne rendiamo conto. È un viaggio un tantino costrittivo, indubbiamente. Abbiamo cioè l’unica possibilità di viaggiare in una direzione obbligata, è verò! Comunque sia è innegabile che ci spostiamo, a nostro malgrado, nel futuro. Ma spostarsi nel futuro è come spostare un oggetto verso un posizione?

Cominciamo ad analizzare le simmetrie presenti tra una singola trama spaziale (ad esempio l’asse x) e il tempo t.

Quando siamo su un treno in movimento non abbiamo possibilità di scegliere la direzione. Il treno ci porterà a destinazione qualsiasi cosa noi facciamo al suo interno: camminare verso la cabina o in senso contrario, mangiare, leggere o dormine. Siamo spinti quindi dal treno verso una “direzione” (spaziale) inevitabile.

Vuoi viaggiare nel tempo e andare a “fra cinque secondi”! Conta e, come per magia, proprio dopo cinque secondi sarai arrivato!

Sembra divertente… e in parte lo è! Interessante è anche come questo “spostamento” verso il futuro sia – similmente alla sedia – inserito in un percorso. Se voglio andare a “domani mattina” devo attendere (attendere nel caso del tempo equivale a percorrere) sino a domani mattina. Come per la sedia non posso istantaneamente “arrivare” a domani mattina. Posso andare più veloce? Certamente! Potremmo prendere un bel sonnifero e, come per incanto, “domani mattina” arriverà un po’ prima, invece di “aspettare” seduto su una sedia. In questo caso è come aver spostato a “velocità elevata” una sedia per fagli raggiungere una posizione più rapidamente. Nel nostro caso abbiamo “accelerato” – o “addormentato” – il nostro “tempo intuitivo”.

Stiamo quindi trattando il tempo come una dimensione spaziale? Si! Proviamo proprio a fare questo; trattiamo il tempo come una nuova dimensione, diversa da quelle tre che ben conosciamo. Se possiamo spostarci liberamente nelle tre dimensioni note perchè non è possibile farlo nel tempo?

L’impressione che si ha, almeno personalmente, quando tentiamo di assimilare il tempo ad una dimensione spaziale, è quella di trovarsi – come nel primo film di Guerre Stellari – in una stanza con le pareti che si chiudono su se stesse. Noi siamo progressivamente e inesorabilmente sospinti nel “futuro”, alla stregua di un muro che si innalza in quello che chiamiamo “passato”, rendendoci impossibile fermarlo o scavalcarlo.

Lasciando perdere per ora l’idea di fermare, scavalcare o obbattere questo muro, è interessante notare che, ammessa la possibilità di farlo, viaggiare “indietro” nel tempo comporterebbe – per le cose dette sopra – ripercorrere il “percorso” che ci ha portati ad “ora”. Abbiamo infatti “ipotizzato”, come per il tradizionale spazio tridimensionale, che anche per la dimensione temporale vale la regola che per “spostarsi” da un tempo (luogo) ad un altro (tempo o luogo) bisogna seguire un percorso e non possiamo arrivare lì “di colpo”.

Questa regola, che vale certamente per lo spazio – salvo future confutazioni – possiamo dire con abbastanza certezza che vale per lo “spostamento” nel futuro. È quindi ragionevole ipotizzare che, se mai riuscissi a spostarmi nel passato dovrei “ripercorrere” i tempi all’indietro sino ad arrivare al “tempo” scelto.

Per fare un esempio – nell’era dei DVD e del digitale – quando esistevano le video cassette VHS, arrivati alla fine del film, per rivedere una parte o tornare all’inizio, bisognava riavvolgere l’intero nastro. Con i VHS, infatti, non era possibile saltare da una parte all’altra come accade ora con DVD o i lettori MP3.

Il nostro spazio, e forse anche il tempo, è molto più simile ad un VHS che ad un DVD!