Per comprendere nella sua essenza la Relatività Ristretta dobbiamo introdurre uno degli elementi più affascinanti della natura: la luce.

Perchè passiamo dalle automobili in corsa “relativa” su un’autostrada alla luce?

Perchè la luce, in particolare quella visibile, ha giocato un ruolo importantissimo nella “scoperta” della Relatività Ristretta ed ha inoltre portato la fisica di fine ottocento sull’orlo di una crisi profonda.

In verità non dovremmo interessarci necessariamente della luce, intesa come luce visibile, bensì di quello straordinario fenomeno che va sotto il nome di campo elettromagnetico.

Cosa s’intende, tanto per cominciare, con la parola Campo?

Il Campo

Il concetto di Campo è stato fondamentale per la spiegazione e la comprensione di numerosi fenomeni. La sua introduzione la si deve all’intuizione del grande fisico Michael Faraday. Per cercare di visualizzare un Campo prendiamo come esempio il nostro pianeta Terra. Quando si parla di Campo gravitazionale, ad esempio, s’intende la regione che circonda il nostro pianeta che gode della proprietà di accelerare masse verso il centro della Terra. Il Campo, dunque, esiste anche nel vuoto ed è il risultato della presenza di qualcosa.

Un magnete, come una semplice calamita, genera ad esempio quello che viene indicato come Campo Magnetico tutt’intorno alla regione di spazio che lo circonda.

Una carica elettrica puntiforme genera, tutt’intorno alla regione di spazio che la circonda, quello che viene indicato come Campo Elettrico.

Che cos’è, quindi, un campo elettromagnetico?

Viene chiamato campo elettromagnetico (o radiazione elettromagnetica) l’unione di un campo elettrico e un campo magnetico. Quello che si riuscì a scoprire, tra l’altro, è che un campo magnetico è strettamente legato ad un campo elettrico, e viceversa. In particolari circostanze l’uno produce l’altro. Due facce della stessa medaglia insomma. La sorpresa, poi, arrivò quando si scoprì che la variazione di un campo elettrico insieme ad un campo magnetico (un campo elettromagnetico) produceva onde che, guarda caso, viaggiavano nel vuoto alla velocità della luce c (299.792.458 m/s).

In pratica si dimostrò che la luce visibile non era altro che una – particolare – onda elettromagnetica. La cosa affascinante è che le onde radio, ad esempio, sono anch’esse onde elettromagnetiche. Noi non vediamo le onde radio solo perchè hanno una frequenza (o lunghezza d’onda) diversa dalla luce visibile e quindi non percepita dai nostri sensi visivi, gli occhi, ma in sostanza le onde radio (che hanno una lunghezza d’onda compresa tra 1 metro e 1 chilometro) e la luce di una candela sono esattamente la stessa cosa!

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Il calore emanato da un corpo caldo, ad esempio, è anch’esso un’onda elettromagnetica: l’infrarosso. Noi non lo possiamo vedere ad occhi nudi (i nostri occhi percepiscono lunghezze d’onda tra i 400 nano-metri e 700 nano-metri; esistono tuttavia strumenti, medici e militari, che permettono di “vedere” l’infrarosso) ma lo percepiamo come “sensazione di calore”.

Abbiamo visto nella prima parte di questo Post che il concetto di relatività, nel senso “galileano” o “newtoniano”, asserisce in sostanza che non è possibile distinguere un moto rettilineo uniforme da uno stato di quiete. In altre parole, potreste suggerire, lo stato di quiete è un “particolare o speciale” moto rettilineo uniforme!

Questa semplice e innocua affermazione, tuttavia, porta con se alcune notevoli conseguenze: prima di tutto il risultato di un qualsiasi esperimento eseguito in uno stato di quiete dev’essere identico se eseguito in moto rettilineo uniforme, altrimenti si contraddirebbe lo stesso principio di Relatività!

Perchè non vogliamo contraddire il Principio di Relatività?

Perchè sappiamo che è impossibile trovare un sistema inerziale (cioè un sistema di coordinate o sistema di riferimento, come la nostra stanza) che sia privilegiato rispetto ad altri (vedi i vecchi moti e sistemi assoluti di Newton). Inoltre noi stessi siamo immersi in sistemi in moto relativo tra loro e tutta la fisica che conosciamo svanirebbe in un batter d’occhio. Il pianeta Terra, ad esempio, percorre un’orbita intorno al Sole. Insieme a quest’ultimo la Terra e gli altri pianeti a noi vicini (come Marte, Venere, ecc…) formano il Sistema Solare, posizionato su uno dei bracci della nostra galassia a spirale, la Via Lattea, che ruota e si muove anch’essa! Questo gioco di matrioska continua, rendendo vana la ricerca di un sistema immobile: immobile poi rispetto a cosa? (Vedi animazione: dalla Terra alla Via Lattea).

Risulta quindi evidente che è fondamentale partire dal presupposto che lo stato di moto (se uniforme e rettilineo) non influisce sui risultati degli esperimenti, altrimenti esisterebbe una fisica per ogni sistema di riferimento che si prende in considerazione.

Tuttavia ci fu un momento in cui il Principio di Relatività sembrò contraddetto. Il dramma si manifestò con la scoperta dei fenomeni elettrici e magnetici. A differenza dei fenomeni meccanici, come le nostre automobili, i fenomeni elettrici e magnetici sembravano rispondere a diverse e misteriose leggi che, in pratica, minavano il Principio di Relatività.

Entreremo ora in un mondo meraviglioso e affascinante. Potremmo sfiorare la superficie di un oceano ancora non completamente compreso e compressibile a nostri limitati sensi.

Per comprendere le “misteriose” proprietà della luce e delle onde elettromagnetiche partiamo da un’onda più semplice e familiare: il suono. Tutti sappiamo che il suono è un’onda (o una perturbazione) che si propaga nell’aria alla velocità di 331,5 m/s. Una caratteristica delle onde, in generale, è che esse non esistono di per sè. In definitiva noi associamo sempre un’onda ad un mezzo. Le onde del mare, ad esempio, sono perturbazioni che si propagano nell’acqua, così le onde sonore sono perturbazioni che si propagano nell’aria. È noto a tutti, ad esempio, che posizionando una sveglia all’interno di una campana di vetro dove si sia prodotto il vuoto, cioè sia stata eliminata l’aria, il suono della sveglia non sarà più udito a dimostrazione che eliminando il mezzo di trasporto delle onde sonore cessa la loro propagazione. Tuttavia, nonostante la nostra sveglia si trovi nel vuoto, continuiamo a vederla! Questo ci indica, indubbiamente, che la luce non necessita dell’aria per la sua propagazione, come nelle distese di vuoto dello spazio siderale. La luce di stelle lontanissime da noi, infatti, ci raggiunge con tutta “tranquillità”, percorrendo milioni e milioni di chilometri.

Qual è quindi il mezzo che trasporta le onde elettromagnetiche?

All’epoca, per trovare una soluzione al mistero, si introdusse l’etere (l’etere luminifero per la luce), il mezzo nel quale le onde elettromagnetiche, e quindi anche la luce, si propagavano. L’etere venne creato di sana pianta per spiegare l’esistenza di tutti i fenomeni elettrici e magnetici. Tuttavia esso aveva caratteristiche davvero curiose: pervadeva ogni cosa, non poteva essere rilevato, era presente nel vuoto assoluto dello spazio, doveva essere estremamente rigido per spiegare le caratteristiche onde trasversali della luce, ecc… Insomma, rappresentava un elemento “divino”, costruito con il solo scopo di spiegare “dove” le onde luminose si propagassero.

La sua introduzione, tuttavia, fu un vero e proprio disastro. La fisica passò un periodo di vera e profonda crisi. Vediamo perché…

Immaginiamo di trovarci in una stanza in moto rettilineo uniforme e con le pareti di vetro, così che tutto ciò che accade sia visibile ad un osservatore esterno. Nel sistema di riferimento della stanza in moto, cioè per noi che ci muoviamo con la stanza e l’aria in essa contenuta, la velocità del suono è la stessa in tutte le direzioni! L’aria, infatti, viene spostata insieme alla stanza, ma dal nostro punto di vista essa è ferma, esattamente come se fossimo in una stanza qualsiasi di un appartamento.

Un’osservatore esterno affermerà invece che dal suo sistema di riferimento (lui vede la stanza – insieme a noi e all’aria – muoversi in moto rettilineo uniforme) la velocità del suono non è la stessa in tutte le direzioni. Essa è maggiore nella direzione del moto della stanza e minore nella direzione opposta.

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Queste conclusioni sono tratte dalla trasformazione classica, la stessa utilizzata per le automobili sull’autostrada. La stanza in movimento “trascina” con se l’aria, il mezzo materiale attraverso il quale i suoni si propagono. Per questo motivo la velocità risulta diversa per i due osservatori. Come scrisse lo stesso Einstein:

Il miglior modo, benchè non il più semplice, di non udire la parola di qualcuno è di allontanarci con velocità superiore a quella del suono, relativamente all’aria che circonda il parlatore. In tal caso le onde sonore che questi produce non potranno più colpire le nostre orecchie. D’altro canto, se ci accadesse di non udire una parola importante che un oratore non avesse mai più occasione di pronunciare, dovremmo spostarci con una velocità superiore a quella del suono per raggiungere l’onda sonara in moto e per udire così quella tal parola.

Se le onde sonore vi confondono ecco la stessa identica cosa interpretata da un uomo su un treno in corsa, esempio più noto. Immaginiamo un treno (trasparente) in movimento verso destra con un uomo al centro di una carrozza.

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Per l’uomo all’interno del treno le due velocità VA e VB sono identiche! Camminando con passo costante (sia verso destra che verso sinistra) egli raggiungerà i due finiestrini nel medesimo tempo, sia quando il treno è “fermo”, sia quando il treno è in movimento verso destra o in movimento verso sinistra. Nel sistema di riferimento dell’uomo sul treno la distanza che lo separa da i due finestrini è esattamente la stessa.

Per noi che osserviamo la scena dalla stazione, solidali quindi con il terreno o, meglio ancora, con i binari, le cose non vanno sempre come descritte dall’uomo sul treno. Infatti sappaimo che se il treno si muove verso destra a velocità Vtreno anche l’uomo è trascinato con il treno stesso (l’aria trascinata nell’esempio delle onde sonore) e quindi la sua “camminata” risulta per noi accresciuta nella direzione del treno in moto, esattamento come risulta “accresciuta” la velocità delle onde sonore nell’esempio precedente. Inversamente, quando l’uomo si sposta verso sinistra, per la medesima ragione osserveremo un decremento della “camminata” sempre proporziaonale alla velocità del treno – rispetto a noi – che “trascina” l’uomo. I due esempi, quindi, sono del tutto equivalenti per non dire identici. Cambiano solo gli “attori”, scegliete quindi quello maggiormente visualizzabile e comprensibile (per prova andate alla stazione ferroviaria della vostra città e osservate i treni che si arrivano o partono, facendo particolarmente attenzione ai passeggeri che si intravedono all’interno; peccato non esistano vagoni trasparenti).

Proviamo invece ora a sostituire le onde sonore con delle onde luminose, partendo dal presupposto che tali onde luminose, in modo simile a quelle sonore, si propaghino nell’etere invece che nell’aria. Al tempo fu immediatamente chiaro che l’etere o veniva trascinato dal corpo in movimento (come accadeva per l’aria nella nostra stanza dell’esempio poco più sopra) o pervadeva ogni cosa rimanendo di fatto immobile (escludiamo per ora la terza ipotesi di un trascinamento parziale).

Se non nutriamo dubbi sul principio di relatività in senso Galileano e immaginiamo che l’etere venga trascinato insieme alla nostra stanza, l’analogia tra le onde sonore e le onde luminose diventa immediata, dandoci come risultato che un osservatore esterno deve misurare velocità della luce diverse in relazione alla direzione del movimento della stanza, esattamente come accadeva con le onde luminose.

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Tuttavia questa ipotesi contraddice tutte le osservazioni e gli esperimenti svolti in decenni, i quali dimostrano invece che la velocità della luce è sempre la stessa in tutti i sistemi di riferimento, sia che la sorgente si muova o meno!

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Può essere dunque che l’etere non venga trascinato dalla stanza in movimento, così da spiegare il problema?

[… il seguito su La Relatività – Parte III]